CdT: Ricordando «L’Immagine», galleria e luogo di dibattito culturale

È stata inaugurata sabato a Palazzo Pollini di Mendrisio una esposizione che presenta 25 opere di artisti ticinesi e italiani

cdt_11-04-16Le orme che lasciano il segno nel presente sono in genere destinate a essere presto cancellate, dal vento o dalla pioggia o da altre impronte. Tuttavia ci sono orme che testimoniano un passaggio importante: ecco che questi segni andrebbero mantenuti vivi. Perché segnano una strada, ora in parte perduta. Palazzo Pollini a Mendrisio ospita fino al prossimo 15 maggio la mostra Dialogo d’artisti: fra Ticino e Milano negli anni Ottanta che rende omaggio a Lino Caldelari, architetto e uomo di cultura scomparso nel 2013, che nel 1978 aprì una piccola quanto vivace galleria battezzata
«L’Immagine». Uno spazio ristrettissimo nel cuore del Borgo in cui per un decennio confluirono le fatiche di una sessantina di artisti. Ma «L’Immagine» era molto di più: presto divenne un punto di incontro e di confronto, artistico e culturale. Mendrisio si trasformò nel baluardo ticinese del fermento intellettuale fiorito attorno all’Accademia di Brera e alla ricca Milano di quegli anni.

Grazie alla infinita sete di Lino Caldelari di vivere amicizie e di far emergere talenti e dibattiti esistenziali, la galleria (una sessantina di mostre, oltre a incontri regolari in cui gli artisti mettevano a nudo la propria ricerca) raggiunse quasi uno status culturale indipendente, tanto da «dar vita a una poetica propria». La mostra, inaugurata sabato, presenta una selezione di 25 opere firmate da artisti italiani e ticinesi che ruotavano attorno a «L’Immagine». Lo scopo è quello di rievocare quel tempo. «Lo spirito di allora, oggi non si ritrova», spiega Selim Abdullah, curatore ell’esposizione e a sua volta fra gli intellettuali che animarono la galleria. «Allora gli artisti erano caparbiamente protesi a ricostruire un’identità, uno spazio per la riflessione che in seguito, con il postmoderno, è venuto a mancare». «La nostalgia per quegli anni è profonda», conferma Massimo Cavalli, classe 1930, presente a Palazzo Pollini con un’opera recente a testimoniare il dialogo interiore che comunque è continuato sull’onda di quegli incontri mendrisiensi. «Nel secondo dopoguerra e fino agli anni ’80 la situazione espressiva era molto stimolante. Oggi i giovani – riflette Cavalli – vivono una condizione confusa, in cui risulta difficile orientarsi». Adriano Pitschen, uno degli artisti più giovani a frequentare «L’Immagine», ricorda con riconoscenza Lino Caldelari e gli artisti che convergevano a Mendrisio. «Sono arrivato alla mia prima mostra, proprio nella piccola galleria, dopo un’intensa frequentazione e un lungo lavoro di critica e autocritica, a volte molto feroce»
ricorda Pitschen. «Si puntava ad avere un proprio linguaggio, una cultura che non seguisse le mode».

Il fermento artistico fra Milano e il Ticino è dunque venuto a mancare, travolto dall’indifferenza del mondo politico e della società civile. L’omaggio a Lino Caldelari vuole essere un appello a ravvivare quelle orme lasciate nel passato. Alla ricerca della propria identità, fra cultura italiana e svizzera.

LAILA MERONI